The Ingredient

Reiko Kaneko valica confini e si muove tra mondi molto diversi tra loro, talvolta nel vero senso della parola

Questa rinomata designer di ceramica ha trascorso l'infanzia in Giappone, per poi studiare design a Londra, presso il celebre College of Art & Design del Central Saint Martins. Attualmente, Reiko vive e lavora a Londra, ma subisce ancora la forte influenza del Giappone, il suo paese natale, con cui ha un legame ancestrale.

Hai trascorso i tuoi primi anni di vita in Giappone. Com'era la vita allora?

Sono cresciuta in un ambiente rurale, in una fattoria della prefettura settentrionale di Fukushima. Mia madre era inglese e mio padre giapponese. Da piccola non volevo imparare l'inglese perché, come molti bambini, non volevo distinguermi ma essere uguale agli altri. Mio padre morì quando avevo 6 anni, e io e mia madre tornammo in Inghilterra. Così, per buona parte della mia infanzia sono andata a scuola in Inghilterra. Ma tornavamo regolarmente in Giappone e ancora oggi ci vado spesso. Il Giappone è una terra ricca di stimoli, e ogni volta che ci torno scopro sempre realtà meravigliose. Ad esempio, collaboro spesso con Shotko Glass, un produttore tradizionale di vetro soffiato a mano di Tokyo.

Chi è stata la persona più importante per te quando eri piccola?

Mia nonna, senza dubbio. Lavorava come insegnante di cerimonie del tè. Fra le tante cose che ho imparato da lei c'è l'amore per le tradizioni e per i dettagli, anche i più piccoli. Ancora oggi, preparo il tè seguendo gli insegnamenti che mi ha tramandato.

Oggi, in che modo trovano espressione le tue origini giapponesi nell'attività di designer di ceramica?

Nella mia attività di artigiana, cerco di dare sempre valore agli oggetti fatti a mano. Per questo motivo mi affascina molto il principio del wabi sabi: un concetto estetico che invita le persone a scoprire la bellezza che si cela nella vita di tutti i giorni. Una bellezza nascosta, ma accessibile a chiunque e, in questo senso, assolutamente democratica.

In Giappone, le persone nutrono grande rispetto per gli anziani e per la tradizione.

Davvero. A questo si aggiunge una forma di riconoscenza e di rispetto per i materiali e gli strumenti di lavoro, un approccio che condivido molto anch'io. È un aspetto davvero importante per me. E non si tratta solo di materiali e strumenti fisici, ma anche della luce usata da un fotografo o delle parole scelte da uno scrittore. Per adoperarli nel modo giusto, serve grande esperienza.

Quali sono le differenze fra queste due culture in cucina?

Quando sono arrivata in Inghilterra, ho scoperto con mia grande sorpresa che i piatti avevano le stesse dimensioni per ogni pietanza. In Giappone è esattamente il contrario: ci sono piatti e ciotole diverse per ogni alimento; il tofu, la frittata o il wasabi, ad esempio, vengono serviti in piatti o ciotole diversi tra loro. Qualche anno fa, sono andata a trovare uno chef giapponese nella prefettura di Fukushima. Fuori nevicava, e lui mi ha servito da mangiare in una ciotola in bambù e ceramica, con un motivo bianco smaltato che rappresentava la neve. In Giappone c'è un'immensa capacità di comprensione della natura e dell'interconnessione tra tutte le cose. Ed è proprio a partire da questo che hanno sviluppato una cultura culinaria estremamente raffinata. Non a caso, collaboro sempre molto volentieri con i ristoranti stellati Michelin, perché sono sempre molto attenti alla presentazione dei piatti.

Reiko Kaneko

Che significato dai al cibo inteso come forma di maestria artigianale?

Non credo si possa fare una distinzione fra artigianato, arte e design. Ogni disciplina richiede un'abilità speciale, dalla ceramica alla scrittura. E questo vale per tutti i processi di produzione. Se non si perde di vista il vero significato di quello che si fa, il risultato sarà sempre all'altezza.

Da un po' di tempo, ormai, esegui anche riparazioni con la tecnica kintsugi. Cosa rappresenta per te questa scelta?

"Kintsugi" è un termine giapponese che si riferisce a una tecnica tradizionale utilizzata per la riparazione della ceramica. In questo senso, il mio obiettivo è quello di riparare e riutilizzare oggetti esistenti. Si tratta quindi di ricreare un oggetto, piuttosto che realizzarlo da zero. In questo modo, le persone possono recuperare oggetti che hanno per loro un forte valore sentimentale.

Da qualche tempo a questa parte, la ceramica artigianale sta suscitando un forte interesse. Come lo spieghi?

Questo interesse potrebbe nascere dal desiderio di riscoprire un legame più autentico con gli oggetti.

L'artigianato permette di passare dal mondo digitale a quello reale.

Quali sono le cose che ti danno gioia?

Stare nel mio giardino e nel mio nuovo studio. E, ovviamente, il momento in cui apro il forno per la ceramica e vedo per la prima volta le mie creazioni. L'effetto degli smalti può essere imprevedibile, e quindi a volte non so cosa aspettarmi di trovare dopo il processo di cottura.

Cosa stai studiando in questo periodo?

Giardinaggio. In futuro, vorrei approfondire altri argomenti, preferibilmente nel campo della creatività e della formazione. Per ora, insegno ceramica due volte al mese alla Staffordshire University. È un'esperienza davvero soddisfacente che mi permette di lavorare con materie prime locali e mi porta ad approfondire sempre di più la mia conoscenza della ceramica e dei materiali di lavoro. L'apprendimento è senza dubbio una costante nella mia vita, e lo sarà sempre!

Quali sono i tuoi sogni per il futuro?

Mi piacerebbe rallentare un po' e concentrarmi sulle cose davvero importanti ed essenziali, oltre a vivere di più nel presente. Di qui a qualche anno, spero di avere più tempo da dedicare alla famiglia. Vorrei lavorare di meno e avere più tempo per gli amici, la famiglia e per i piccoli piaceri della vita di tutti i giorni.

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