Per molti anni, i metodi utilizzati per conservare il vino sono rimasti quasi invariati. Ma negli ultimi tempi, le cantine per il vino stanno vivendo un'autentica rinascita. Sempre più produttori vinicoli cercano un ambiente ideale in cui mostrare a tutti la qualità dei loro vini, e per raggiungere questo obiettivo stanno commissionando la realizzazione di spazi che rivestano anche un valore architettonico.
Come testimoniano le maestose volte di monasteri e castelli, le cantine per il vino esistono da tempo immemorabile.
Alessandro Dalpiaz è uno degli architetti più abili a interpretare questa nuova estetica.
Insieme all'ex compagno di università e socio Michele Giannetti, originario della zona vinicola di Montalcino, Dalpiaz si è specializzato nella realizzazione di soluzioni architettoniche per produttori vinicoli. E per entrambi, vuol dire molto di più che costruire cantine. "La definiamo "architettura contestuale". Questo approccio ci permette di lavorare a stretto contatto con i nostri clienti in progetti che hanno standard elevati, sia da un punto di vista estetico che funzionale", spiega Dalpiaz, che è nato in Italia ma attualmente vive ad Amburgo. "Prendiamo sempre in considerazione vari aspetti, dalle condizioni climatiche e del terreno alle persone con cui collaboriamo."
Dalpiaz ha iniziato fin da giovane a sviluppare una visione personale della viticoltura associata all'architettura. È cresciuto in un paese di montagna delle Dolomiti e viene da una famiglia di produttori di vino. "Mio nonno era viticoltore e ho avuto la fortuna di scoprire in prima persona la vinificazione, fin da bambino. Ogni anno, noi nipoti partecipavamo alla vendemmia. Aiutavamo a raccogliere e pigiare l'uva e stavamo in cantina quasi tutti i giorni." Dalpiaz ha un ricordo molto speciale del luogo in cui venivano conservate le botti di legno o le barrique. "Era molto scuro e umido, ed emanava un odore incredibilmente intenso. È stato uno dei luoghi più speciali e densi di emozioni della mia infanzia."
La descrizione della cantina di questo affabile cinquantaquattrenne trasmette tutta la magia di questo luogo.
È evidente che ne fosse affascinato, e che lo è ancora oggi. La prima persona che ha commissionato una cantina ai due architetti è stato l'enologo Mario Calzolari, proprietario di un'azienda vinicola a Montalcino. "Mario aveva un'idea molto chiara del modo in cui voleva produrre e conservare il vino. Conosceva perfettamente la temperatura e l'umidità necessarie per gli spazi di conservazione e seguiva l'uva in ogni fase del suo viaggio dalla vigna fino alla botte", ricorda Dalpiaz. "Inoltre, voleva che nella sua cantina venissero utilizzate le risorse naturali." Sfruttare le caratteristiche intrinseche di una struttura per costruire in armonia con la natura era un approccio che si sposava perfettamente con la filosofia di Dalpiaz e Giannetti. "In passato, ogni edificio veniva realizzato utilizzando metodi sostenibili", afferma Dalpiaz. "È quest'idea che ci ha portato a sperimentare per la costruzione della cantina vari sistemi che venivano utilizzati in passato. Uno di questi consisteva nel catturare il vento per raffreddare naturalmente la cantina." Gli architetti hanno preso spunto dai termolabirinti di epoca romana. "Si fa circolare l'aria in una specie di labirinto sotterraneo che la raffredda. Una volta raggiunta una certa temperatura, l'aria può essere convogliata in cantina alla temperatura e all'umidità più indicate." Il progetto di cantina realizzato dai due architetti per questa azienda vinicola è stato così apprezzato da ricevere, nel 2017, la prima certificazione ClimateHouse al mondo per questo tipo di edificio. Inoltre, è stato insignito del Premio Sostenibilità per l'architettura bioclimatica.
Dalpiaz e Giannetti hanno definito un nuovo standard nelle soluzioni architettoniche per la conservazione del vino.
E questo è particolarmente evidente nel lavoro svolto per la Tenuta di Castellaro, sull'isola di Lipari. Per questo progetto, hanno reso la luce straordinaria dell'isola e la terra vulcanica parte integrante della struttura stessa. Il paesaggio e l'architettura di Lipari sono caratterizzati da una luce intensa, dal colore della terra e dalle grotte, disseminate nell'entroterra e in prossimità della costa, che in antichità erano abitate. Per l'edificio della Tenuta di Castellaro, gli architetti hanno adottato una tecnica di costruzione decisamente innovativa. Il terreno è stato sagomato con la forma dei pilastri, per poi procedere con la gettata di cemento. "Dopodiché, abbiamo rimosso la roccia vulcanica dalle colonne di cemento", spiega Dalpiaz. Il risultato è stato una cantina con una volta in terra vulcanica, una specie di labirinto sotterraneo. L'architetto continua: "Grazie al lavoro di personale specializzato e di grande esperienza, e che fortunatamente non ci ha preso per pazzi, a Lipari abbiamo davvero rivoluzionato i canoni di costruzione. Invece di partire dalle fondamenta per poi salire, abbiamo fatto l'esatto opposto." Mentre racconta la storia, Dalpiaz illustra il metodo adottato dipingendo un acquerello della struttura.
"Reinterpretare i metodi tradizionali in una chiave nuova e originale è per me una sfida entusiasmante."
"Una volta, l'utilizzo di risorse locali come vento, acqua e sole era una necessità imprescindibile. Spesso si elaboravano metodi davvero ingegnosi per sfruttare al meglio queste risorse", aggiunge Dalpiaz. "L'efficienza di questi sistemi, come i termolabirinti romani e le torri del vento persiane utilizzate per raffreddare le cisterne, dimostra ancora oggi un notevole valore. Utilizzando metodi moderni, è possibile integrare perfettamente questi sistemi anche negli edifici contemporanei." Dalpiaz è convinto che queste particolari condizioni bioclimatiche siano in grado di migliorare anche il sapore del vino.
Per realizzare questi progetti particolarmente complessi, Dalpiaz e il socio lavorano a stretto contatto con un team di esperti.
"Così come la produzione del vino, anche la progettazione richiede tempo e pazienza. E per ottenere i risultati desiderati, è fondamentale che ognuno offra il proprio contributo", afferma Dalpiaz. Chiediamo a Dalpiaz cosa caratterizza un buon vino. "Ogni vino è unico nel suo genere. Se un vino riesce a richiamare in qualche modo le sue origini e il suo processo di produzione, allora ha davvero una marcia in più. Per questo, per me è molto importante sapere dove è stato prodotto un vino. Il sapore dell'uva siciliana rievoca il sole e la terra arsa dal sole. I vini toscani, invece, sono molto misurati e radicati nel terreno. Sono verdi e freschi, e portano con sé il profumo della primavera."
Il clima di Amburgo è decisamente ostile alla vinificazione: per quale motivo Dalpiaz ha scelto di vivere in questa città e non in una tenuta vinicola immersa tra le colline italiane o in un altro luogo altrettanto pittoresco?
"Amburgo è la città in cui ho scelto di vivere e mi piace tantissimo, ma ovviamente il richiamo dell'Italia è sempre molto forte. E forse, realizzare cantine vinicole è un po' il mio modo di farci i conti", aggiunge con un sorriso. Adesso però deve andare, ha un treno da prendere. Va in Alto Adige a trovare la famiglia: ritorna alle radici, nel luogo in cui è sbocciata la sua passione per il vino.