Janett Platino, una chef altoatesina, ha trascorso l’infanzia circondata dagli utensili da cucina e dalle erbe del giardino sul retro del ristorante dei genitori. Quell’esperienza l’ha plasmata profondamente. Oggi, oltre alle erbe, ci coltiva anche verdure e tante varietà di fiori, da cui ricava sapori che vanno dall’amaro all’aspro al dolce. Così facendo riesce a trasformare pietanze tradizionali o innovative in un’esperienza unica, il sale della vita di ogni bravo chef.
Le erbe aromatiche costituiscono l’essenza dei tuoi piatti? Cosa ci trovi di tanto affascinante?
Per me è l’eterna ricerca di un sapore unico e originale. Cerco di mettere insieme erbe e spezie in modo nuovo. Non potrei mai cucinare senza erbe. A casa di mia nonna avevo addirittura un mio giardinetto privato, in cui piantavo e coltivavo tuberi, insalate ed erbe aromatiche. La nonna conosceva i principi attivi di ogni singola erba. Per esempio, mi lavava i capelli con le ortiche, per renderli più forti.
Ma quanto ne sappiamo oggi del potere delle erbe?
Negli anni abbiamo perso molte delle conoscenze in questo campo, ma oggi c’è un rinnovato interesse in merito. Quel che più manca, oggi, non è tanto la conoscenza delle diverse varietà di erbe e di verdure, ma il tempo da dedicarci. Una volta si piantavano erbe medicinali perché non si aveva tempo di andare dal medico e non si poteva andare al mercato a fare la spesa ogni giorno. Così, anche le verdure venivano mangiate solo in base alla stagione. La prima pianta a fiorire in primavera era il tarassaco, che è molto amaro ma anche molto salutare, per cui la gente si curava così.
Che cosa associ al lavoro nel tuo giardino?
Bisogna piantare e coltivare le erbe più particolari da sé: mi riferisco a piante selvatiche come l’erba aglina, la sanguisorba, l’acetosella e il luppolo. Per me, l’orto e le mie erbe sono il contraltare ideale al mio lavoro. Quando sono lì e vedo le varie piante attorno a me, riesco a staccare e a rilassarmi. C’è chi fa yoga, io mi occupo delle mie erbe. Veder crescere le piante mi provoca sensazioni molto profonde. Proprio come quando cucino.
Da dove nasce l’ampia gamma di sapori che crei?
Ho imparato molto dai vecchi libri di cucina, da cui traggo spesso ispirazione. E poi mi piace sperimentare. Il mio tesoro (cioè lo scaffale delle erbe) è costituito da più di 350 tipi di erbe, fiori e spezie, che conservo essiccate o secche in centinaia di barattoli. La coltivazione va avanti tutto l’anno. In primavera, con le erbe selvatiche, come pure sul finire dell’estate, ho tre essiccatori che funzionano a ritmo continuo per preservare le erbe per l’inverno.
Perché hai scelto come fonte di ispirazione proprio un libro di cucina del 1685?
Il mio "libro delle meraviglie", se così lo vogliamo chiamare, è un libro di cucina con centinaia di pagine, un vero e proprio tesoro di ricette a lungo dimenticate. È davvero incredibile rendersi conto quanto sapessero allora sui diversi effetti e sulle varietà di erbe e piante commestibili. Già a quei tempi, per esempio, usavano lo zenzero, che veniva importato dall’Asia. Il libro però menziona anche le escargot, che una volta erano cibo per i poveri, specialmente durante la Quaresima. La gente andava ai bordi delle strade a raccogliere lumache, per poi cucinarle, condirle e mangiarle. Oggi le escargot sono uno dei piatti forti del nostro menù, tanto che le alleviamo addirittura.
Cosa è più importante per te: preparare il cibo o gustarlo?
Per me, mangiare è una delle cose più importanti della vita e uno dei principali eventi della giornata. Troppo spesso, la gente mangia distrattamente, magari davanti alla televisione. Non si prende il tempo necessario e le famiglie non hanno più quel momento di condivisione. Certo non deve sempre essere necessariamente qualcosa di speciale, come un’entrecote: spesso sono i piatti più semplici a richiedere i tempi più lunghi. A tutti piace mangiare bene, ma a volte la preparazione passa in secondo piano. A me invece piace prestare attenzione all’origine degli alimenti e a come vengono preparati. Tuttavia, mangiare in compagnia per me è fondamentale. Per questo, sono molto felice che mia figlia abbia scoperto di avere la mia stessa passione e di voler portare avanti la tradizione di famiglia nel nostro ristorante Onkel Taa. Oggi il ristorante è gestito da tre donne di tre diverse generazioni e sono orgogliosa di poter dire che mia figlia è il mio braccio destro in cucina.
Devi andare su un’isola deserta e puoi portare con te solo cinque erbe. Quali scegli?
Due delle mie erbe preferite sono santoreggia e coriandolo. L’erba cipollina non può mancare. Dopodiché diventa più difficile, ma penso che porterei con me la salvia ananas. E non potrei mai vivere senza levistico. Ci sono delle storie meravigliose sul levistico: pare che i ragazzi ci riempissero le tasche dei lederhosen perché pensavano che l’odore facesse impazzire le ragazze. Per lo stesso motivo, ne usavano i gambi come cannucce.
Quali erbe è meglio usare con moderazione?
Artemisia, abrotano e assenzio sono erbe molto intense, che personalmente abbino solo a piatti molto grassi. Un tempo si usavano alimenti più grassi perché servivano più calorie, per cui una volta queste erbe erano più comuni, ma oggi è meglio usarle con maggiore parsimonia.